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E anche stavolta bocciamo l’ex Necchi e lasciamo che Pavia naufraghi così

La pagina de La Provincia Pavese sul caso ex Necchi, articolo di Fabrizio Merli Ammetto, appena ho visto il titolo de La Provincia Pavese e ho letto il pezzo dell’amico e bravissimo collega Fabrizio Merli, ho avuto un déjà-vu. Perché il progetto della “radiale”, ossia della strada che dovrebbe collegare la zona di via Olevano-Mirabello con l’area Necchi trasformata dal progetto Supernova, è una storia vecchissima, che risale al vecchio piano regolatore e all’amministrazione Albergati. Anche allora, insieme alla famosa “rampa di Rampa”, si discusse di quella strada che secondo alcuni (e in effetti era un bel sospetto) avrebbe permesso, nella sua presunta inutilità viabilistica, di costruire altre case con la “scusa” del tracciato stradale. Ora, ricordando che allora il progetto fu bocciato, e scomparve (o magari ve n’è traccia nella documentazione urbanistica di allora e nei ricordi di qualche amministratore), mi vengono i brividi a pensare che il recupero dell’area ex Necchi sia ancora in discussione quando, all’epoca del vecchio Prg, fu cancellata l’ipotesi che lì si potesse insediare l’Ikea, soluzione che sollevò le proteste dell’associazione commercianti (come qualsiasi progetto che non riguardi l’orticello piccolo piccolo del centro storico). Oggi, dunque, scopriamo che anche questo intervento di recupero è a rischio perché un consigliere comunale non è contento, come non abbiamo avuto il parcheggio multipiano di via Oberdan perché un consigliere non era contento, come non abbiamo mai fatto un sacco di cose dicendo che siamo tutti fantasiosi progressisti e che ci piacerebbe non fare un parcheggio o recuperare un’area abbandonata, ma trasformare Pavia nel regno delle meraviglie. D’altro canto, “se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi” (cit.).
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Belpietro diffamò gli operatori delle Ong che salvavano vite, condannato (oplà)

Scrive Emergency sulla sua pagina Instagram: “Sulla copertina di Panorama, di cui era direttore, nel novembre 2022 Maurizio Belpietro aveva definito gli operatori delle ONG “I nuovi pirati”. Avevamo ritenuto titolo e immagine pubblicati non veritieri e offensivi del lavoro umanitario svolto da chi, nel Mediterraneo centrale, opera per soccorrere vite umane. Insieme ad altre organizzazioni, nel 2023 abbiamo presentato un esposto e nel 2025 ci siamo costituiti parte civile nel procedimento penale a suo carico. Oggi il Tribunale di Milano, nell’ambito del procedimento per diffamazione a suo carico, ha condannato Maurizio Belpietro al risarcimento, a titolo di provvisionale, in favore di Open Arms, EMERGENCY, Sea-Watch, SOS Mediterranee, Louise Michel, Mediterranea e AOI – Rete Nazionale. La nostra azione non ha nulla a che vedere con la pirateria: è un dovere morale e un obbligo di legge. La solidarietà non è un reato. Chi la diffama, chi offende, chi lancia accuse infondate e semina odio deve rispondere delle proprie azioni”.
Beh, il direttore era Maurizio Belpietro. Vi stupite? Peraltro l’attuale direttore de La Verità, dovrà risarcire a titolo di provvisionale con 10.000 euro Open Arms, Emergency e Sea-Watch, Sos mediterranee e Louise Michel, Mediterranea e con 7.000 euro AOI Rete Nazionale, per aver definito, come detto, “pirati” gli operatori delle Organizzazioni non governative in prima pagina su Panorama. Un bel po’ di soldi, ben spesi direi.
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Case di Comunità e verifiche terze, Asst Pavia vieta i controlli all’Istituto Mario Negri

Case di Comunità pavesi? Nessun problema per i controlli…. L’Istituto Mario Negri, che non è esattamente un covo di pericolosi comunisti bensì una fondazione milanese no profit per la ricerca, la formazione e l’informazione sulle scienze biomediche nata nel 1963, che ha svolto un monitoraggio sulla situazione delle Case di Comunità in Italia. Su Il Fatto Quotidiano si racconta come le verifiche svolte da 25 volontari all’inizio furono accolte tranquillamente dalle strutture, ma all’emergere dei primi dati, tutto fu reso più complicato e burocratico dalle Asst come a voler nascondere qualcosa. Le verifiche furono svolte anche in Lombardia, la regione messa meglio con 142 progetti su 204 portati a termine. Con qualche problema, però, che i volontari stavano accertando. Si legge nell’articolo: “l Punto Unico di Accesso? Aperto 8 ore su 24 solo nel 14% dei casi. I medici di medicina generale – il cuore della riforma – sono i “grandi assenti”: si ritrovano in meno del 40% delle strutture. La maggior parte delle Case di Comunità non sono nuove strutture. Sono vecchi poliambulatori riclassificati nei database dove nulla è cambiato, se non il nome sulla carta intestata”.
E arriviamo a Pavia. Se nelle altre Asst, pur mettendo degli ostacoli (perché mai?, viene da chiedersi), l’accesso all’Istituto Mario Negri era stato concesso, in tre Aziende Sanitarie era accaduto l’impensabile:
“Intere aree si sono completamente sottratte al controllo. Tre Asst su 27 – Pavia, Rhodense, Valle Olona – non hanno autorizzato alcuna verifica in loco, pur rappresentando 1,5 milioni di abitanti, il 15% della popolazione”. -
Israele e i giornalisti uccisi volontariamente: l’accusa sul Washington Post

Il manifesto pubblicato dal Washington Post Sulle pagine del quotidiano statunitense Washington Post, ieri, è comparsa questa pagina che accusa Israele. Il testo recita più o meno così:
«Se guardi ai fatti dell’attacco… è impossibile dire che sia stato un errore.»
Il giornalista americano Dylan Collins, sopravvissuto a un attacco israeliano contro sette reporter
(Nella foto Dylan Collins dopo l’attacco del 13 ottobre 2023. (Hassan Ammar/AP))
Il 13 ottobre 2023, l’esercito israeliano ha aperto il fuoco contro un gruppo di sette reporter in un attacco a doppio colpo nel sud del Libano, uccidendo il giornalista della Reuters Issam Abdallah e ferendo altre sei persone, tra cui il cittadino statunitense Dylan Collins dell’Agence France-Presse.
I giornalisti erano appostati su una collina in pieno giorno. Indossavano tutti giubbotti con la scritta ben visibile «press» e si trovavano accanto a un’auto contrassegnata «TV». Le loro telecamere hanno trasmesso in diretta l’attacco a tre agenzie di stampa internazionali.
Indagini indipendenti condotte da gruppi per i diritti umani e da testate giornalistiche sono giunte alla stessa conclusione: Israele ha probabilmente condotto un attacco deliberato contro un gruppo di giornalisti chiaramente identificabili, un crimine di guerra secondo il diritto internazionale.
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Una mancetta per i senatori di centrodestra, o per tutti quanti (Centinaio, illuminaci)

Il senatore che distribuisce le mance “Fratelli di mancia”, ironizza nel titolo il quotidiano Il Foglio. E in effetti, si tratta proprio di una mancia: una bella mancia, visto che sono 500mila euro per ogni senatore di maggioranza che, senza alcun vero vincolo, il parlamentare di centrodestra può “regalare” s’immagina con destinazione sul suo territorio elettorale. Ora, io de Il Foglio solitamente di fido, ma non si sa mai. Chiedo a chi sa, ossia all’amico senatore Centinaio, se davvero anche lui ha a disposizione quella mancia, se di mancia si tratta, se vale per tutti i senatori o solo quelli appunto di maggioranza (e sarebbe cosa alquanto strana) e se è così, se si è già fatto un’idea su dove e come spenderla. Perché questa storia è davvero curiosa. Segue il testo dell’articolo de Il Foglio a firma del bravissimo Carmelo Caruso:
Si deve approvare la manovra e i senatori di maggioranza hanno il tesoretto, la dote: 500 mila euro per due anni.
Si tratta del Fondo parlamentare e in un messaggio arrivato ai senatori di FdI, Lega, Forza Italia ci sono le istruzioni per l’uso: 500 mila euro per ciascuno dei senatori per gli anni 2026 e 2027.
C’è anche come utilizzarli.
La parte corrente? “Contributi diretti a enti, associazioni (terzo settore)”.
La parte in conto capitale? “Infrastrutture (manutenzioni straordinarie e opere)”.
Precauzioni: “Preferibilmente destinati a non più di 2/3 soggetti”.
“Caro senatore di maggioranza, vuoi asfaltare la piazza del paesello elettorale? Nessun problema, ma ricordati che per “strade, piazze ponti e rotonde il progetto da finanziare sia dotato da Cup”.
Meloni ha chiuso Atreju dicendo che con noi “chiude la stagione degli sprechi, della mance elettorali per comprare il consenso”.
Gli sprechi sicuro, sulle mance non esageriamo.
Siamo sempre l’Italia generosa.
I genitori allungano la paghetta, i nonni la pensione e il senatore la mancetta.
Italia perfetta.Carmelo Caruso
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Dal governo soldi per la scuola pochi, consoliamoci (a Pavia) con i dati Invalsi

Il sito Openpolis ci ricorda questa mattina che l’Italia, sotto il profilo degli investimenti per la scuola (percentuale rispetto al Pil) è terz’ultima in Europa. Alla faccia del Paese che cresce e che investe.
I dati Istat sulla povertà in Italia mostrano che nel 2024 il 12,3% delle famiglie con figli era in povertà assoluta, quota che supera il 20% nei nuclei con almeno 3 minori. La vulnerabilità economica aumenta con il basso titolo di studio della persona di riferimento, riducendo l’accesso a lavori qualificati e con retribuzioni migliori, come confermato dai dati Istat sulle retribuzioni, che evidenziano anche divari di genere. Tali divari tendono a tramandarsi di generazione in generazione. Per questo investire in un’istruzione accessibile per tutti resta una leva imprescindibile per cercare di far uscire bambini e bambine, ragazzi e ragazze dalla trappola della povertà educativa. (cit. Openpolis) L’unico dato positivo, in questo scenario negativo, riguarda la preparazione degli studenti del capoluogo Pavia. Secondo i dati Invalsi elaborati (dato disponibile 2022), Pavia è il secondo capoluogo di provincia in Lombardia e il sesto in Italia. Consoliamoci così in attesa della nuova legge di bilancio e dei soldi destinati (oltre alle solite mance), all’acquisto di armi. Qui la tabella che riguarda la Lombardia sulla preparazione degli studenti del capoluogo (scuole medie).

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Posteggi, tasse, farmaci, acquisti on line, negozi da salvare e portafogli da curare (il nostro)

Acquisti on line, polemiche e rispamio Si sono sovrapposte, in questi giorni, alcune questioni che riguardano il commercio, la sopravvivenza dei negozi “fisici”, le tasse, il problema del parcheggio in centro storico per favorire gli acquisti, le contestazioni dei commercianti contro il Comune… Troppa trama, avrebbe detto un mio amico. Ho espresso la mia opinione, contestabile s’intende, che il problema sta proprio nel commercio stesso che non accetta i cambiamenti e non si adegua. Ben altre sono le soluzioni, ricordava anche Simone Spetia questa mattina sulla rassegna stampa di Radio24.
Fornisco due storielle che possono dare un’idea del perché, da tempo, il commercio “fisico” mi attrae sempre di meno (e del perché il raro buon commercio “fisico” mi attrae sempre di più”). Prima storiella, di qualche anno fa. Sono in viaggio, Belgio, e un pomeriggio mi accorgo di non aver portato con me un medicinale che dovevo tassativamente prendere. Entro in una farmacia, chiedo la cortesia (farmaco che ovunque richiede la prescrizione) di vendermelo mostrando una prescrizione italiana. Non essendo certo che avessero lo stesso prodotto, ero andato a cercare il medicinale in rete. Il prezzo, mi pare, era di 20 euro. La farmacia me lo vende, ovviamente senza servizio sanitario, a 11 euro. Torno a Pavia, e per curiosità chiedo in farmacia quanto costerebbe quel farmaco senza prescrizione. Mi rispondono: 19 euro. A questo punto, mi viene un sospetto, e quando devo acquistare un certo altro medicinale (che maledizione invecchiare!) che non viene rimborsato dal servizio sanitario, controllo ancora in farmacia: 23 euro. Guardo on line, sul sito di una farmacia (fisica e on line) della Puglia: 13 euro. Compro on line, ovviamente. Ora, per ogni medicinale non coperto dal servizio sanitario, mi servo on line. RIsparmio, di solito, il 20/30 per cento. Ho una domanda: perché la farmacia pugliese lo vende, regolarmente (con tanto di scontrino fiscale e codice fiscale per eventuali detrazioni) a un prezzo così inferiore?
Secondo episodio, l’altro ieri. Esce, da Apogeo, il libro “Scatta come Wes: Impara come realizzare immagini in perfetto stile Wes Anderson”. Curioso, amo questo regista, voglio leggerlo, Vado in centro, a Pavia, e il libro non c’è. Negli scaffali dedicati alla fotografia nelle librerie in cui sono andato, due sole lo ammetto, ci sono alcuni libri, molti vecchi, le cose più interessanti e recenti no. Non lo ordino, altrimenti devo tornare in centro (e se avessi utilizzato il bus o pagato il parcheggio, mi sarebbe costato il 15% in più quel libro). Vado sul sito di Apogeo per acquistarlo on line e, con lo sconto, costa 22 euro. Ma non c’è la versione digitale, che avrei preferito. Mi viene un sospetto e vado in rete per vedere se esiste la versione originale. C’è, in inglese quindi, solo 13 euro. Con un click l’acquisto. Posso anche capire che una libreria non può tenere tutto, ma è un libro che ha avuto buone recensioni. E Apogeo poteva anche fare la versione digitale.
Dicevo del buon commercio “fisico”. Mai comprerei una chitarra on line, anche scontata, finché esiste il negozio Guitar di Tortona, dove competenza, prezzi (giusti), gentilezza, disponibilità e non mi vengono in mente altri aggettivi, resteranno sempre gli stessi. Mai acquisterò farine e altri prodotti finché ci saranno negozio come Mulino Ferrari a Pavia. Per fare due esempi, ma ce ne sono altri, di qualità, competenza, gentilezza.
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L’Europa di chi non fa vino che spiega a chi fa vino come deve farlo (e imbottigliarlo)

Credevo che non l’avrei mai detto: ha ragione Tremonti. L’ex ministro ironizzava sul fatto che l’Europa, mentre non riusciva a risolvere i problemi dell’auto – in particolare il passaggio all’elettrico previsto per il 2035 – riusciva persino a dettare le regole sulla fabbricazione dei tricicli. Ora, io sono un europeista straconvinto, ma delle volte… E’ il caso che riguarda direttamente l’Oltrepo pavese con i suoi produttori di vino. La Ue, accogliendo le richieste di Paesi che, con tutta la simpatia per loro, non sanno neppure cosa sia il vino, obbligherebbe all’uso di bottiglie non troppo trasparenti, per facilitare il loro riutilizzo. Alla faccia della conservazione di vino e spumanti. Leggo su Il Sole 24 Ore:
Con le norme in discussione in Europa nell’ambito del nuovo regolamento imballaggi (PPWr), a rischio le bottiglie di prosecco italiane: la preoccupazione arriva da Coreve, il consorzio italiano del riciclo del vetro. «Il PPWr prevede che entro il 2030 un imballaggio, una bottiglia, costituito per più del 30% in peso da materiale non riciclabile non possa più essere messo in commercio», spiega il presidente Gianni Scotti. «A Bruxelles si sta lavorando per definire le linee guida di questa riciclabilità – continua -. Ora, le posizioni tedesca e danese stanno sostenendo che il vetro con una trasmittanza (cioè la capacità di lasciarsi attraversare dalla luce, ndr) inferiore al 10% non possa essere classificato come riciclabile. Se anche solo il 30% di materiale di una bottiglia avesse quindi una bassa capacità di far passare la luce, cioè la renderebbe non idonea. Vuol dire che il vetro troppo scuro e spesso, proprio quello che caratterizza alcune parti delle nostre bottiglie di prosecco, ma anche di champagne e di vino, potrebbe essere classificato come non riciclabile e quindi metterle fuori mercato. Ricordiamo che si tratta di bottiglie sviluppate con queste caratteristiche per filtrare efficacemente la luce dannosa per il contenuto e per resistere alla pressione interna, soprattutto dei prodotti con le bollicine».
Per altro, anche la norma europea prevista per il “vuoto a rendere”, rischia di creare non pochi problemi con:
Rischio di Standardizzazione e Perdita di Identità: La bottiglia di vetro non è solo un contenitore per il vino italiano, ma un elemento di design, marketing e identità legato al marchio, alla denominazione e al territorio. L’obbligo di riutilizzo implicherebbe la necessità di adottare bottiglie standardizzate (un pool comune) per rendere efficienti i processi di raccolta, lavaggio e reimmissione sul mercato. Questo avrebbe cancellato la diversità di forme, pesi e colori che contraddistinguono i vini italiani di alta gamma (es. bottiglie speciali per Barolo, Brunello, Prosecco DOCG, o i formati come le Magnum).
Complessità Logistica ed Economica: L’Italia eccelle nel riciclo del vetro (tassi superiori all’80%), che avviene a livello locale. Un sistema di riutilizzo implicherebbe la creazione di una nuova e complessa filiera di logistica inversa (raccolta, trasporto per lunghe distanze, lavaggio, sanificazione), con costi operativi insostenibili per le aziende, soprattutto per quelle che esportano e per le piccole e medie imprese.
Sicurezza Igienico-Sanitaria: Ci sono preoccupazioni sulla capacità di garantire standard igienici perfetti per i prodotti alimentari, come il vino, attraverso cicli ripetuti di lavaggio e riempimento, con il rischio di compromettere la qualità del prodotto finale.
Europeisti sì, ma non suicidi.
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Parcheggi & commercianti: leggete Boatti e capirete il senso della questione

Oggi avrei voluto fare un post sulla questione parcheggi e commercianti a Pavia. Ma ha detto tutto Giorgio Boatti sulla Provincia Pavese. Leggete il suo commento.
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Manca il parcheggio? Ma no, mancano buona volontà e voglia di vendere

Ho provato a fare un esame di coscienza. A Pavia abito dal 1989 e conosco a fondo la città non fosse che il lavoro di giornalista (appunto, da quell’anno) e a Pavia ho sempre acquistato pochissimo. Il motivo di una scelta diversa, raramente, è stato per il problema del parcheggio. Piuttosto, perché – per le mie personalissime esigenze – la scelta, i prezzi, la disponibilità dei commercianti non sono mai stati tali da attirare la mia attenzione (fatti salvi, s’intende, alcuni casi specifici). I prezzi, ad esempio, sono un problema: a Pavia si spende mediamente di più rispetto a un normale acquisto on line o in un centro commerciale (ho ancora il ricordo di un prodotto informatico che costava il 30 per cento in più rispetto a un negozio on line); l’assortimento, è capitato molte volte di cercare un prodotto o la misura di un capo d’abbigliamento e scoprire che non era disponibile (ma lo trovavi nel centro commerciale a mezz’ora di auto); l’assenza di alcuni prodotti che si trovano solo in altri negozi fuori dal centro e spesso in città vicine. E poi, certo, il parcheggio, Ma l’unica vera soluzione, probabilmente, sarebbe quella immaginata già trent’anni fa, ossia un parcheggio multipiano, anzi due parcheggi multipiano, come più o meno troviamo in altre città simili a Pavia e nel resto d’Europa. Ma state certi, che se a Pavia, in centro, ci fosse il negozio che vende ciò che cerco, ad un prezzo giusto, con commessi competenti e gentili, beh, due passi a piedi si possono ben fare. E poi fanno bene alla salute. I pavesi, poi, sono cittadini noiosi, indisciplinati e pigri. Ieri sera, per andare a teatro, ho come sempre posteggiato alla “buca” e ho fatto due passi a piedi. Lungo il percorso, auto abbandonate in divieto da tutte le parti e mai che si veda un vigile. E il parcheggio regolare, invece, aveva ancora molti posti liberi. Prima di mettere gli striscioni, bisogna cambiare i pavesi: commercianti e clienti.
